Finalmente rimetto nell'armadio i maglioni, quelli blu da marinaio, quelli comprati alla cooperativa dei pescatori di Saint Malo.
Guardo estasiato gli ultimi fiori di borragine, profumano di ostriche, e in un attimo navigo con la mente nel mare della Bretagna, spruzzi d'acqua ghiacciata sferzano il viso, mani infuocate dalle scotte bollenti della barca a vela: un furente flying dutchman e, alla sera, risotto con asparagi e fiori di borragine.
Una cipolla tagliata sottile, olio, gambi di asparago a fettine sottili, poi il riso, un vialone nano.
Si amalgama a fuoco gentile con un cucchiaio di legno finchè nella pentola tutto brilla. Non si sfuma con vino, non si bagna con brodo.
Acqua, voglio sapori integri e puri.
Ora, grande concentrazione, inizia la sfida.
Si mescola aggiungendo acqua bollente a piccoli mestoli.
Il risotto è sdegnoso come una ragazza.
Esige cura, sguardi, savoir-faire, mani sapienti, attenzioni, rispetto, gesti dolci che facciano sentire affetto e amore. Appena la trascuri, come il risotto, ti abbandona o si trasforma, diventa un’altra cosa, perde magia e incanto.
Tagliamo a lamelle i fusti degli asparagi, a metà cottura li uniamo al riso; nel frattempo mariniamo le loro cime: gocce di limone, olio, sale, pepe, basilico.
Si scelgono i più bei fiori di borraggine, raccolti la mattina in una splendida campagna, che bello il loro gusto iodato, sembrano ostriche!
Dopo circa 18 minuti, il risotto è pronto. Si spegne il fuoco.
Rush finale, quello che decide tutto: nel riso in successione un filo di olio, parmigiano, sopra il tutto le piccole teste di asparagi crudi.
Nel piatto il risotto ondeggia come una ballerina del Marinsky in un delizioso Lago dei Cigni.